L’Aquila. L’ex rettore dell’università dell’Aquila Ferdinando Di Orio, ha annunciato ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Roma che ieri lo ha condannato a due anni e mezzo di reclusione con l’accusa di induzione indebita nei confronti del collega all’ateneo aquilano Sergio Tiberti. In appello la pena è stata ridotta di sei mesi rispetto al primo grado, perché alcuni reati sono stati prescritti. “Se vige anche per me la presunzione di innocenza fino al passaggio in giudicato della sentenza”, spiega Di Orio in una nota, “voglio sperare che le persone di buon senso e tutti coloro che hanno conosciuto il mio forte impegno per la crescita dell’Università e della città dell’Aquila vogliano attendere il verdetto della Cassazione alla quale verrà proposto dai miei difensori ricorso, prima di maturare un definitivo convincimento sulla mia persona”.
“In tutta coscienza ritengo le accuse destituite di ogni fondamento e troppo spesso strumentalizzate oltre misura. Sono certo di aver agito in ogni atto della mia vita, privato e pubblico, con correttezza e onestà, non meritando affrettate condanne morali”, si legge ancora nella nota di Di Orio che, in riferimento al suo collega con il quale in passato aveva buoni rapporti, sottolinea che, “Pur non essendo da tempo molto interessato a seguire le plurime azioni giudiziarie contro di me promosse in varie sedi dal professor Tiberti, occupandomi di cose e di valori ben più importanti che danno a me una ragione di vita e per i giovani del nostro territorio una speranza, avverto la necessità di fornire alcune precisazioni: nel giudicare una vicenda del tutto personale e a mio parere di nessuna rilevanza penale, la Corte di Appello di Roma ha confermato l’impianto accusatorio del Tribunale che aveva qualificato il reato non concussione, ma induzione indebita, ma ha ridotto la pena da tre anni a due anni e sei mesi, e ha revocato la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici e ridotto l’importo della provvisionale”.