Editoriale – La costruzione degli ormai noti piloni che sorreggono il viadotto di Pietrasecca in territorio del Comune di Carsoli, risale come per altri viadotti della medesima autostrada alla fine degli anni 60. Si erge nel mezzo di una suggestiva vallata questo viadotto che raggiunge l’altezza di 70 metri e che si estende per quasi due chilometri. Si tratta di un Ponte che da sempre affascina per la sua imponenza, e nel corso degli anni è stato più volte teatro di tragedie in numero talmente elevato da farlo conoscere anche come “ponte dei suicidi”. L’altezza costituiva la meta preferita per tantissime persone che hanno scelto questo luogo per porre fine ai loro giorni in maniera così tragica e plateale. E fu proprio il numero crescente dei suicidi che indusse l’allora dirigente Ing. Bruni a far installare lungo tutto il viadotto delle griglie di protezione particolarmente alte, tali da scoraggiare propositi nefasti. Tornando alla storia, “il Viadotto di Pietrasecca – spiega l’Avv. Giovanni Marcangeli – (all’epoca consigliere comunale di Carsoli n.d.r.) non era assolutamente previsto nel progetto iniziale, come la direttrice autostradale anche in altre località avrebbe dovuto compiere ben altri percorsi. Le “varianti” furono adottate proprio per garantire le condizioni di massima sicurezza, e nel caso del Viadotto i lavori furono sospesi per un anno. Questo perchè i tecnici si resero conto nella fase di concretezza che le colline ove doveva transitare l’autostrada secondo il progetto originario erano ricche di grotte carsiche e poggiate su un tipo di terreno piuttosto franoso. Furono questi i motivi per cui nella zona dell’attuale via degli Alpini (ex Variante) vennero espropriati vigneti ricadenti in terreni stabili e sicuri, stessa cosa fu per il viadotto, progettato e costruito in secondo tempo.” All’epoca la società si chiamava S.A.R.A. (Società autostrade Romane ed Abruzzesi) la quale concedeva in appalto le varie fasi di costruzione dei piloni a diverse aziende che erano il top come avanguardia costruttiva. Per il design del Viadotto di Pietrasecca, ancor oggi avveniristico, arrivarono consulenti, tecnici e ingegneri da ogni parte del mondo per realizzare un’opera che avesse caratteristiche di massima sicurezza, unite ad un design del tutto particolare (basti osservare i piloni a farfalla che sovrastano la località Santa Rosa sulla Tiburtina Valeria. Ma questo modus operandi venne comunque attuato in tutte le aree di costruzione dei viadotti, compreso quella particolarmente delicata del Viadotto del Gran Sasso che domina sul bellissimo borgo di Isola del GranSasso d’Italia. L’avvento dell’autostrada nel Lazio ed in Abruzzo costituì un elemento di sviluppo immenso, con collegamenti viari come per Roma e L’Aquila che erano affidati alle vecchie Tiburtine. In poco tempo l’exploit di aziende che nell’area di Carsoli – Oricola costituirono una realtà definita il quarto distretto industriale dell’Abruzzo. Ebbene seppure le scelte aziendali furono dettate dalla presenza dei finanziamenti dell’Ex Cassa per il Mezzogiorno, un incipit particolare venne anche e soprattutto dalle tanto bistrattate autostrade laziali ed abruzzesi. Ora puntare il dito aprioristicamente contro una o più opere non è giusto, anche perchè si fa presto a dire “chiudere” ma si fà tardi poi per riaprire e immaginando chiusure il quadro per l’Abruzzo e parte del Lazio sarebbe apocalittico in termini di regressione sociale ed economica. La storia dunque ci insegna, chi sapeva costruire case, lo fece e anche bene, e chi sapeva costruire ponti e viadotti altrettanto. Ora a terzo millennio avanzato, dove regna sovrana una incompetenza aggravata, è bene “chiudere” le bocche di chi strumentalizza o non conosce ed aprire quelle di chi fà il suo mestiere di ingegneria per grandi opere civili. @danieleimperiale
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