Vasto. Un bilanciamento dello stato psicologico con le attenuanti generiche, di fatto escludendo la premeditazione, tenuto conto di una condizione depressiva. E’ quanto si evince dalla lettura
delle trenta pagine della sentenza con cui, nel luglio scorso, i giudici della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila hanno ridotto la condanna comminata in primo grado, da 30 a 20 anni, per Fabio Di Lello, il 34enne di Vasto che il primo febbraio 2017 uccise Italo D’Elisa, 21enne, per vendicare la morte della moglie Roberta Smargiassi, investita e uccisa da D’Elisa sette mesi prima.
L’omicidio si consumò davanti a un bar e a testimoni, in pieno giorno, in viale Perth a Vasto: Di Lello esplose tre colpi di pistola contro D’Elisa. Il presidente della Corte d’Appello d’Assise, Luigi Catelli, nel motivare la sentenza ha tenuto conto dell’attenuante della condizione depressiva del giovane vedovo, eliminando l’aggravante della minorata difesa per quanto deciso nella lettura del verdetto dello scorso 9 luglio.
“La sentenza è molto corposa e complessa – commenta l’avvocato Pierpaolo Andreoni che insieme a Giuliano Milia difende Di Lello – e necessita di un serio approfondimento per le numerose questioni di diritto trattate, ci riserviamo cosa fare e se fare ricorso in Cassazione”. In primo grado il procuratore capo del Tribunale di Vasto, Giampiero Di Florio, aveva chiesto
l’ergastolo, ma la Corte d’Assise, presidente Marina Valente, decise per una condanna a 30 anni di carcere.