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Invocata dai tartufai una riforma fiscale per tutelare un mercato in grave difficoltà

Andrea Rosati di Andrea Rosati
5 Ottobre 2018
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Chieti. Chiedono una riforma del settore, ma prima, con urgenza, “l’introduzione di una semplice norma fiscale e di tracciabilità per fare emergere la provenienza effettiva del tartufo, in una situazione fiscale chiara ed equa per i vari soggetti”. Sono gli aderenti alla federazione delle associazioni dei tartufai italiani (Fnati) che, ricordando come l’Italia sia uno dei maggiori produttori di tartufo al mondo per quantità e per la secolare tradizione nella ricerca e nel consumo, sottolineano le gravissime difficoltà del settore.

“Ogni giorno” spiega il presidente Fnati, Fabio Cerretano “assistiamo inermi al ‘sorpasso’ di altre nazioni sui mercati internazionali. Sono molte le problematiche in attesa di soluzione da circa vent’anni, con diverse proposte di legge presentate in Parlamento e nessuna delle quali andata in porto. Proposte sempre arrivate da soggetti diversi da coloro che il tartufo lo cercano e cavano tutto l’anno, come hobby e come lavoro. “Abbiamo presentato” ricorda Cerretano  “una proposta organica di riforma dell’intero settore nell’ultimo scorcio della precedente legislatura e lo riproponiamo oggi”.

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Per Cerretano “è assurdo che sia proprio la fiscalità a distorcere in maniera pesantissima un intero settore” e ricorda i principali problemi quali “il taglio delle piante produttive, i cinghiali che devastano i siti tartufigeni, i delinquenti che zappano le tartufaie per raccogliere tartufo immaturo, distruggendole irreparabilmente”. Fenomeni, osserva, che “insieme al proliferare insensato delle riserve a soli scopi monopolistici o di elusione fiscale, che poco hanno a che fare con la tutela, stanno decretando la morte del tartufo e della libera ricerca intesa come possibilità di andare alla ricerca del tartufo nei terreni incolti e nei boschi, nel rispetto delle regole.

“La libera ricerca” prosegue “è particolarità e unicità dell’Italia ed è una tradizione di molti secoli fa, tanto che la Fnati, grazie all’impegno dell’associazione Città del Tartufo, porta avanti la candidatura della ‘cerca e cavatura del tartufo’ quale bene immateriale UNESCO”. Infine, “alla luce degli ultimi fatti drammatici di cronaca, chiediamo una fattiva collaborazione agli altri frequentatori del bosco, rammentando loro che l’uso condiviso delle risorse del bosco, ad esempio tra tartufai e cacciatori, impone da ogni parte prudenza e rispetto delle regole minime di sicurezza, in modo da evitare così molti incidenti”.

Tags: chietifiscofnatimercatotartufo
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