Pescara. “C’erano dei problemi di liquidità e per affrontare il campionato di serie C facemmo un aumento di capitale considerevole. Io avevo il 25% e versai 600mila euro, il presidente Pincione più del doppio. In tutto versammo intorno ai 2 milioni e mezzo di euro”. Così l’ex vice presidente del Pescara, Claudio Di Giacomo, davanti al tribunale collegiale di Pescara, nell’ambito del processo con rito ordinario sul fallimento del Pescara Calcio, in cui sono imputati per bancarotta e bancarotta fraudolenta gli ex presidenti Massimiliano Pincione e Gerardo Soglia, e l’ex amministratore delegato della società biancazzurra Francesco Soglia.
I fatti risalgono ad un periodo compreso tra inizio luglio 2007 e fine ottobre 2008. In seguito, il 19
dicembre del 2008, la società del Pescara Calcio venne dichiarata fallita con un passivo di oltre 15 milioni di
euro. Di Giacomo – ascoltato in qualità di testimone della difesa – entrò in società nel 2006, insieme a Pincione
e ad altri soci. Successivamente subentrò il gruppo Soglia con la sua holding.
E’ stato poi ascoltato Giovanni Patriciello, commercialista salernitano, amico di famiglia dei Soglia. “Da consulente e amico dei fratelli Soglia li sconsigliai dall’ acquistare la Pescara Calcio – ha detto il professionista – visto che c’era
un’esposizione di oltre 5 milioni di euro”. Patriciello ha poi riferito di avere saputo che “i Soglia erano riusciti
ad ottenere una rateizzazione del debito spalmata su 9-10 anni”. Il commercialista campano, inoltre, ha riferito
che “il 2008 fu l’ ‘annus horribilis’ del settore turistico, nell’ambito del quale la holding dei Soglia operava
controllando diverse strutture, e anche a causa dell’eccessivo sviluppo dimensionale la holding andò in
difficoltà”.