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Adopt Srebrenica 2018: quattro pescaresi documentano la città del massacro. Imperativo: non dimenticare

Federico Falcone di Federico Falcone
17 Settembre 2018
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Pescara. “Siamo da poco  tornati, il 2 settembre  2018 , dalla “ settimana” organizzata da Adopt Srebrenica nella città del “genocidio” bosniaco. Progetto che da anni vuole accompagnare le donne e le madri nella richiesta di avere giustizia almeno nella ricerca dei corpi dispersi dei propri cari e nell’impedire la dimenticanza di quanto accaduto in quella terra. Che è tutta europea, e che appartiene al futuro dell’Europa”. Queste le parole dei pescaresi Edvige Ricci, Massimo Luciani e Laura Di Marco. E questa è la loro testimonianza.

Siamo tornati stanchissimi, ma molto contenti.

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“Quest’anno, da Pescara siamo andati in 4 , due “vecchi” frequentatori e due per la prima volta. Oltre a Edvige Ricci e Massimo Luciani, a nome delle associazioni che sostengono il progetto, sono arrivati in Bosnia Gina Vespucci,di Pescara, medica psichiatra  e  Laura Di Marco,giovane laureata in serbo-croato all’Università di Pescara, nel corso della prof.ssa Rita Leto. Da Farindola, Lauraè diventata  così  non solo un ponte preziosissimo fra noi, la Bosnia e le tante persone incontrate, ma si è anche appassionata a quella terra di dolore, alle donne e ai giovani come lei con cui abbiamo vissuto il programma di Adopt”.

Perché rientriamo contentissimi, in questo settembre 2018?

“Non per Srebrenica in quanto tale, che ancora viene tenuta sotto scacco dalla repubblica SRPSKA  di Bosnia,  ma perché ADOPT SREBRENICA, che negli anni abbiamo esteso nelle adesioni italiane,  è diventata finalmente bosniaca. Le figlie e i figli, allora bambini, oggi cresciuti, di quelle donne musulmane ma anche pacificamente serbe, dopo anni  di collaborazione, viaggi e formazione con noi, hanno preso in mano l’associazione, ne sono i responsabili e ci hanno accolti in una settimana di iniziative, culturalmente altissima e coinvolgente”.

“Pienamente europei, con memorie e radici solide nella propria storia e nel dolore di essa, ma capaci di guardare avanti, pur continuando a cercare, insieme alle madri,  i corpi dei padri, fidando però sulla convivenza e nella rinascita corale della città. Che per ora è ancora sotto tallone, pur se basterebbe la riattivazione delle terme, ed il futuro sarebbe già pronto. Hanno la determinazione giusta a lavorare per la conciliazione che porti a superare la rappresentanza politica e sociale etnica, che è il prodotto della guerra”.

“E soprattutto hanno chiaro il compito di contrastare la migrazione giovanile  che è il rischio più grave per la Bosnia, e sanno che lo si può fare solo impegnandosi insieme per la propria terra, volendole bene.Oltre i dibattiti, le visite guidate, le occasioni di festa, l’associazione Adopt di Srebrenica ha anche  organizzato la presentazione di un libro fotograficoper confronto fra i luoghi di ieri e di oggi, realizzato con contributo della provincia di Bolzano,  testi in bosniaco ed inglese. Per chi volesse, abbiamo copie. E cosi Bekir Halilovic, Valentina Gagic, Amra Nalic , Borko Dragigevic, Mohamed Avdic… e ancora tanti altri  insieme a loro,  oggi responsabili di Adopt Srebrenica, diventano  i nostri interlocutori attuali insieme ai quali continueremo a lavorare per il  futuro di Srebrenica, per  il “ loro” riscatto  e per quello della “nostra” comune Europa”.

“Con loro discuteremo quindi di come continuare i “ponti” tra Pescara e Bosnia con i progetti agricoli e di artigianato  proposti da Donne in campo, di come  rafforzare le nostre relazioni europee, di come intensificare le relazioni con la nostra città e l’Abruzzo, con i giovani e meno giovani. In tanti, negli anni, siamo andati da Pescara, citta’ ormai molto conosciuta a Srebrenica, insieme a  molti arrivati da Trieste, Venezia, Treviso, Bologna etc. Seguivamo l’ invito della Fondazione Langerdi Bolzano, in nome delle idee europeiste  e di pace fra gliumani e con la naturache Alex ci ha consegnate. Alla Fondazionelo aveva chiesto , espressamente,  Irfanka Pasagic, psichiatra che dovette precipitosamente fuggire da Srebrenica  e, dopo la guerra,  necessitata a  sostenere anche professionalmente i bambini  negli orfanotrofi e le donne abusate e straziate.

“Ci disse che alle  donne di Srebrenica  bastava solo che andassimo a “vedere”, a far loro capire che sapevamo che esse esistevano. Creammo quindi “Adopt  Srebrenica” e andammo. Da Pescara siamo partiti , negli anni, in tanti, e per tutti è stata un’esperienza esistenziale importantissima e indimenticabile. E adesso, avanti a noi, un diverso, ma altrettanto stimolante percorso da riavviare”.  Per guardare o richiedere il video, contattare l’associazione

 

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